Page 11 - La_mia_parte
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Districandoci nel complesso italiano cinquecentesco di Machiavelli, possiamo più semplicemente dire che se
il bersaglio è troppo lontano per l’arco che abbiamo in dotazione, dobbiamo puntare in alto, verso il cielo,
non per colpire le nuvole, ma per sfruttare la parabola e fare arrivare la freccia più lontano. Fuor di metafora,
se imitiamo l’esempio dei grandi uomini e delle grandi donne che hanno fatto la storia, anche noi, che magari
valiamo molto meno di loro, potremmo arrivare più lontano e raggiungere obiettivi più alti. Un titolo bello
Alzare l’arco, ma troppo militare, mi sono detto, e poi citare Machiavelli poteva essere frainteso, con tutta
l'infamia che si è ingiustamente trascinato l'aggettivo "machiavellico" in politica. L'ho scartato tra me e me,
senza consultarmi con nessuno. Ho chiesto un parere, invece, per un altro titolo possibile, che ha ronzato
nella mia testa per giorni, Atterrare sulle stelle. L'ispirazione in questo caso è venuta dalla citatissima
massima di Les Brown: «Mira alla luna. Anche se sbagli atterrerai sulle stelle». Per me continua ad essere
un titolo magnifico, ma qualcuno mi ha suggerito che era troppo ambizioso e altisonante. Scartato, dunque,
pure questo. Ho voluto condividere comunque entrambi i titoli abortiti anche con voi, perché alludono
ad un aspetto essenziale dell'agire amministrativo, che già ho ricordato: puntare sempre in alto, non abbassare
mai troppo lo sguardo verso il basso. Anche il peggiore insuccesso può rappresentare comunque uno straordinario
passo avanti rispetto alla situazione di partenza. L'atleta del salto in lungo, anche se sbaglia, copre comunque
una distanza più grande di chi non ci ha provato affatto.

E io, ve lo garantisco, ci ho provato con tutta l’anima, ce l’ho messa tutta in questo salto, senza risparmiarmi;
ce l’abbiamo messa tutta, in verità, perché molte pagine di questo racconto sono state scritte a più mani,
non solo da me, ma anche dal gruppo di amministratori che ho avuto al mio fianco in questi anni.
Noterete spesso durante la lettura che il narratore passa con disinvoltura dalla prima persona singolare alla
prima persona plurale, dall’io al noi. Questo ovviamente non è un formale plurale maiestatis! È semplicemente
la conseguenza di una situazione reale, l’aver cioè raggiunto la maggior parte dei risultati di questo resoconto
con uno sforzo collettivo, appunto plurale. L’idea che possa sopravvivere nella politica e nell’amministrazione
la figura dell’uomo solo al comando è una grande finzione. È vero, certo, che i sindaci restano sempre soli,
ma non per egoismo o narcisismo o autoritarismo; restano soli perché si è soli alla fine di tutto di fronte alla
responsabilità delle scelte che è necessario assumere. Nel momento in cui bisogna decidere, non è consentito
scaricare vigliaccamente su altri le conseguenze delle proprie azioni. Tuttavia, bisogna vedere come ci si arriva
al momento finale, a questa inevitabile solitudine della scelta. Io ho avuto la fortuna di arrivarci sempre
accompagnato da un gruppo straordinario di persone che mi ha scortato e mi ha sostenuto fino al
raggiungimento della soglia, superata la quale si deve scegliere da soli.
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