Page 10 - La_mia_parte
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cose che ancora non conosco e sono insoddisfatto di alcuni risultati raggiunti. Questo libro, nella sua pedante
ossessione di elencare tutto, serva ai sapientoni per capire che anche le questioni trattate da un piccolo sindaco
– di un piccolo Comune, di una piccola Provincia, di una delle Regioni meno popolose d’Italia – sono molte
di più e molto più difficili di quanto pensino e che, in definitiva, chiacchierare a vanvera semina soltanto
aria vuota, dalla quale non nasce frutto.

In questi anni mi è capitato veramente di tutto e non mi riferisco ai problemi, anche faticosi e impegnativi,
che hanno interessato servizi e strutture del Comune: queste cose sono parte integrante di un incarico
amministrativo, un sindaco le deve mettere in conto. Penso, piuttosto, al terremoto, alla crisi idrica ed
energetica, alla pandemia, alla guerra, questioni complesse, anche globali, fuori dalla portata dei governi,
figuriamoci dei consigli o delle giunte comunali. Ebbene, tutti credono che siano state queste emergenze
a rendere più difficili i miei due mandati da sindaco, ma non è così. Nonostante tutto, ciò che mi ha tormentato
di più, giorno dopo giorno, è stata la spossatezza del fallimento, tornare a casa la sera con centinaia di storie
personali di cittadini, ingolfate nei pensieri e nel cuore, persone che avrei voluto aiutare, senza purtroppo
riuscirci. Questa impossibilità di agire non per mancanza di volontà o impegno, ma per assenza di strumenti,
credo sia uno dei due cilici più dolorosi che ogni amministratore, a qualunque livello, porti sotto la giacca.
L’altro è la complicata resa dei conti con se stessi che i sindaci devono fare quasi ogni giorno: la necessità
di confrontare le proprie visioni con la realtà dei fatti, cercando costantemente di modificare le proprie idee,
in base alla necessità, senza tradirle, coniugando realismo e radicalismo, nella ricerca di un delicato equilibrio
tra questi due poli. La celebre sollecitazione del sindaco Giorgio La Pira ai consiglieri del Comune di Firenze,
quella cioè di non occuparsi solo delle “lampadine” nel governo di una città, ma anche della "Pace”, dà più
tormento a un amministratore di quanto si possa credere, perché è un’esortazione a rimanere “santi”, a non cedere
alla seduzione del consenso, ad evitare le facili scorciatoie, a combattere le battaglie eticamente giuste, anche se
elettoralmente perdenti, a non abbassare troppo lo sguardo sulla terra per non perdere di vista l’orizzonte.

Non a caso, Alzare l'arco è uno dei primi titoli che avevo immaginato per questo libro. La suggestione
viene dal capitolo VI del Principe, nel quale Machiavelli esorta a seguire l’esempio dei grandi uomini,
facendo come fanno gli «arcieri prudenti, a’ quali, parendo el loco dove disegnano ferire troppo lontano,
e conoscendo fino a quanto va la virtù del loro arco, pongono la mira assai più alta che il loco destinato,
non per aggiugnere con la loro freccia a tanta altezza, ma per potere con l’aiuto di sì alta mira pervenire
al disegno loro».
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