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In Babel, un dialogo tra due pensatori del calibro
di Ezio Mauro e Zygmunt Bauman, il grande
sociologo polacco parla del senso di “vulnerabilità”
come di uno stato d’animo che si è ormai insinuato
in ciascuno di noi. Ci sentiamo tutti in pericolo:
più vulnerabili, non solo come individui o nazioni,
ma come specie. Da ciò consegue la paura di
sentirsi costantemente minacciati da qualcosa,
dall’altro e dall’esterno, quella sensazione di
insicurezza nelle viscere che percepiamo molto
più intensamente rispetto ad alcuni decenni fa.
Ora, poniamoci un paio di domande: sebbene
i dati oggettivi dimostrino che la nostra nazione
sia uno dei paesi più sicuri d’Europa, perché mai
la maggioranza degli italiani ha paura di rimanere
vittima di un reato? E ancora: qual è il ruolo
dei media tradizionali e dei social media nella
costruzione di un racconto che non coincide con
la verità, di un’immagine di un mondo più oscuro
e pericoloso di quanto in realtà esso sia?
Potremmo scrivere intere pagine, rispondendo
a queste domande e saremmo costretti a ragionare
per bene sui concetti di “sicurezza reale” e di
“insicurezza percepita”: temi che molto spesso ho
ascoltato nelle riunioni in Prefettura, nei Comitati
per l’Ordine e la Sicurezza Pubblica ai quali ho
preso parte, insieme agli altri sindaci del territorio.
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